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La Primavera Della Scienza

Archivi mensili: Aprile 2013

Notiziario dal fronte M5S

Pubblicato su 25 Aprile 2013 di Claudio Cardone

5 stelle grillo

Titolo sarcastico. Questo post vuole solo raccogliere alcune cose che ho notato frequentando il forum M5S. Ero iscritto da tempo al blog, ma solo recentemente mi sono iscritto al forum, in parte perchè, come ho detto e ripeto, apprezzo una parte degli attivisti M5S e le discussioni che nascono in seno a quelle comunità; in parte per fare da “osservatore”, cioè perlomeno capire in prima persona come si svolgono alcuni fenomeni nel Movimento.

Segnalo alcune discussioni che secondo me meritano attenzione:

In questa discussione si segnala un problema metodologico: in base a che criterio si è deciso di aprire le consultazioni con gli iscritti al movimento solo dopo una certa data? Alle famose “quirinarie” per esempio, si sa che hanno potuto partecipare solo quelli iscritti entro fine 2012. Segnalo, inoltre, che ad oggi non è in pratica possibile iscriversi al Movimento, dato che è bloccato l’invio di copie del documento di identità e non è indicato nessun termine entro il quale saranno di nuovo accettati i documenti per passare allo status di utenti “verificati”.

Riguardo al metodo seguito per le decisioni all’interno del movimento, interessante anche quest’altro intervento. Purtroppo entrambi gli interventi hanno avuto pochissimi voti e pochissimo risalto.

Poco interesse ha anche destato un’altra proposta, che credo valesse la pena di valorizzare, riguardo alla necessità di creare uno spazio dedicato per discutere del problema euro. D’altra parte, è pure significativo che, se si guarda alle proposte più votate “in assoluto”, spicca con 2152 voti e 18000 Like su Facebook una proposta dal titolo “IMMEDIATA USCITA DA EUROZONA. Moneta sovrana-Applicazione MMT “. Ora, che piaccia o no il contenuto del post (io lo trovo approssimativo, fuorviante, demagogico e propagandistico), dov’è la discussione su questi temi?

Inoltre, da un lato abbiamo un Grillo che “modera” gli accenti sull’euro-exit e che, anzi, ultimamente fa anche un po’ il filo ai tedeschi, dall’altra abbiamo una base del M5S che vota in massa una proposta con un livello di argomentazione pari a quello di un discorso di Borghezio. Questo dà abbastanza da pensare.

 

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La monarchia illuminata

Pubblicato su 16 Aprile 2013 di Claudio Cardone

re sole

Tempo di Quirinarie per M5S (ormai concluso) e solo volevo scrivere due righe sul metodo di consultazione. La votazione è libera, ma sotto una guida illuminata dei capi che a me pare tutta paternalistica. Infatti, al di là della rosa dei 9 nomi, nel giorno del voto definitivo compare:

– Passaparola di Travaglio sul blog di Grillo in cui, in una cinquantina di minuti, scorre tutti i nomi dei candidati – partendo da lontano – per arrivare a farci capire che è meglio votare Zagrebelsky e bisogna evitare la Bonino come la peste

– Dichiarazione di Casaleggio per chiarire che “Il presidente della Repubblica deve essere super partes, possibilmente non politico e che rappresenti tutti gli italiani”. A buon intenditor, pochi Prodi e Bonino

– Tweet di Grillo che dice: “Chi non vuole Romano #Prodi Presidente della Repubblica ritwitti!”

Nel merito sono d’accordissimo, Prodi e Bonino non mi piacciono per niente, e Zagrebelsky mi sembra un’ottima personalità, almeno sulla carta (anche se preferirei Caselli). Mi piace meno invece il metodo con cui si cerca di orientare la scelta degli elettori. La parola PATERNALISTICO è quella che a mio avviso meglio lo definisce. E a me personalmente il paternalismo fa ribrezzo, anche se “a buon fine”. Si dirà: sono tempi difficili e la gente è disinformata. Dateci la monarchia illuminata, allora, non la democrazia spenta.

Speriamo bene, comunque.

In questo post di byoblu avevo commentato (Commento 01 -> 05, UnTuttologo) che mi auspicavo si mettessero a disposizione delle fonti per valutare la “bio” dei candidati alla presidenza. Una sola fonte è stata data, Travaglio. Forse bisogna accontentarsi, so’ tempi di crisi.

Vabbè, passiamo avanti.

Consoliamoci con la fantasiosa scrittura di Panebianco, che sul Corriere argomenta:

Occorrerebbe un governo stabile per porre in essere le condizioni necessarie alla ripresa economica. Ma la profondità della crisi politico-istituzionale, e il no di Bersani e dei suoi seguaci a un accordo con Berlusconi, rendono, al momento, impossibile la sua nascita.

Le vie infinite delle manipolazioni retoriche… in pratica il nostro ci sta dicendo che c’è una non ben specificata ma profonda “crisi politico-istituzionale” che impedisce la formazione di un governo stabile. Che come “soggetto” dell’impedimento è poco qualificabile: chi è “responsabile” della crisi politico-istitituzionale? Il cervello umano ha bisogno di “agenti” per individuare le cause.

Subito una “e” congiunzione ci viene in soccorso, dicendoci che c’è “anche” Bersani che non fa un accordo con Berlusconi. In sostanza, è un modo come un altro per suggerire che la colpa della non formazione di un governo è direttamente e quasi esclusivamente l’assenza di un accordo Bersani- Berlusconi,  unica possibilità di governo stabile e, pertanto, massimo beneficio auspicabile secondo Panebianco, visto che è necessario “per porre in essere le condizioni necessarie alla ripresa economica”. (non sia mai per risolverla, ma per “porre in essere le condizioni”, non illudetevi).

A queste acute osservazioni segue una chicca non da poco, un assioma:

La democrazia assembleare, checché molti oggi ne pensino, non è la soluzione. Ha funzionato qualche volta, solo in comunità piccole e isolate, autarchiche. Ove prevalgono le grandi dimensioni e l’interdipendenza sostituisce l’autarchia, la democrazia rappresentativa è la sola democrazia possibile. La partecipazione via web può influenzarla ma non surrogarla.

In un solo paragrafo abbiamo un appello alla tradizione ( “Ha funzionato qualche volta, solo in comunità piccole e isolate, autarchiche” – ma è stato tentato in altri casi??) e una fallacia del perfezionista (“la democrazia rappresentativa è la sola democrazia possibile”), il tutto racchiuso in un cameo assiomatico. Sono scettico anch’io sull’idea di una democrazia assembleare, ma se è questo il modo di argomentarlo..

Ma poi le persone, a queste consultazioni assembleari, ci vogliono partecipare? Sul sito di Servizio Pubblico c’è una piattaforma Liquid Feedback .. io ci sono entrato, ma mi pare che ci scrivano 4 gatti. Peraltro, non so dove siano finite le argomentazioni, perchè le proposte si votano senza un minimo di discussione razionale, un po’ come le dimissioni di Berlusconi quando parlavo di fact checking.

Qua nesuno c’ha voja de fa gnente 

 

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Logic Checking: usiamo la logica per non farci fregare

Pubblicato su 9 Aprile 2013 di Claudio Cardone

Qualche tempo fa parlavo di Fact Checking e del fatto che pur essendo una buona pratica quella di verificare i fatti, spesso distinguere tra “fatto” e “interpretazione” non è semplice. Soprattutto poi quando si parla di questioni tecniche, che richiederebbero delle conoscenze in materia: chi è informato su un tema e/o ha delle ottime capacità oratorie può facilmente convincere altri di una tesi, anche se magari si tratta di una idea infondata o irrazionale.

Ho l’impressione (fondata?) che stiamo via via perdendo la comprensione della retorica e della logica nelle nostre discussioni, cioè dialoghiamo senza renderci conto che sia noi, sia il nostro interlocutore, commettiamo continuamente errori logici o manipolazioni retoriche al fine di dimostrare una tesi, quella che ci sta a cuore, badando sempre meno alla sostanza di ciò di cui si discute. Ci trasformiamo così in “tifosi”.

fallacie logichePer questo vi propongo questo schema grafico sulle “fallacie Reto – logiche”, come ha voluto definirle l’autore (qui lo schema originale in inglese): è un vademecum sui più diffusi artifici retorici che spesso anche inconsapevolmente utilizziamo nell’argomentare delle idee. Clicca sull’immagine per leggerle tutte.

Manipolazioni logiche e retoriche sono ampiamente utilizzate da politici, giornalisti e personaggi che si occupano di comunicazione per persuadere il pubblico. Noi stessi “assorbiamo” questi modi di ragionare, facendoli nostri e riproponendoli ad amici, parenti e persone con cui ci troviamo a dibattere su un tema.

COME USARE LO SCHEMA?

Per il momento, come un vademecum: leggerlo aiuta a riconoscere una argomentazione fallace e a smascherarla quando viene proposta. Come puoi vedere ci sono vari colori a seconda della “categoria” della fallacia… non si tratta di una classificazione “canonica” che usa chi si occupa di logica filosofica, quanto piuttosto di una organizzazione informale che possa semplificare la consultazione.

Ogni fallacia ha una sua icona e una sua etichetta: è possibile applicare questa matrice di fallacie a qualunque discorso, ad esempio gli autori dello schema lo hanno fatto con un discorso tenuto da un vescovo britannico sul matrimonio omosessuale, andando a vedere quante delle sue argomentazioni fossero falsi ragionamenti. Ma nel nostro panorama politico e giornalistico italiano abbiamo solo l’imbarazzo della scelta…

APPELLO ALLA PARTECIPAZIONE

Adattando lo schema originale all’italiano, ho notato che molti degli esempi che venivano forniti per le distorsioni logiche erano “american friendly“, e in un primo momento ho pensato di cambiare solo quelli. Poi, visto che in quest’ultimo periodo sono entrato un po’ nel dibattito su euro ed Unione Europea, ho presentato tutti esempi connessi alla disinformazione che si fa quotidianamente sul tema Europa (i “luogocomunismi” di Bagnai).

Suggerimenti e correzioni sono i benvenuti! Potrei aver commesso io stesso degli errori logici nel presentare alcuni degli esempi, quindi mi auguro che se ho sbagliato.. mi corigerete.

Inoltre penso sarebbe utile fare una sorta di archivio di esempi di fallacie, in vari ambiti, quelli che scopriamo o ci vengono in mente. Se avete dei suggerimenti, inserite nei commenti e cercherò di trovare la forma più adatta per pubblicare i vari esempi di fallacie a seconda del tipo

POST HOC PRO HOC

Ovvero: farne un uso consapevole…

Usare una manipolazione retorica o una fallacia logica durante un discorso non vuol dire necessariamente che si stia cercando di convincere l’altro di una cosa falsa. La persuasione è un’arte e il dialogo è fatto di tante sfumature.. Tanto per cominciare può essere un fatto inconsapevole: alle volte facciamo errori logici in buona fede.

In aggiunta, alcune fallacie non sono assolutamente “fuori dalla realtà”. Prendiamo ad esempio ciò che sta scritto nella “Circostanza ad personam” : “Affermare che un’argomentazione non è credibile per via dell’interesse che ha l’avversario nel sostenerla.”. Ora, se è vero che non dobbiamo squalificare una teoria perchè chi la presenta ha degli interessi in proposito, d’altra parte nella vita quotidiana facciamo bene a tener conto di questo fattore.

L’esempio che ho riportato in relazione a questa fallacia riguarda uno studio economico con elementi a sfavore di chi considera l’uscita dall’euro una possibilità reale per l’Italia. Il senso è che risulta logicamente forzato squalificare questo studio solo per via degli interessi che ci sono dietro (è possibile utilizzare altri argomenti..), tuttavia sarebbe anche eccessivamente ingenuo non considerarli affatto, questi interessi, no? Quindi OCCHIO a fare i puristi 😉

Infine, se è vero che “una fallacia non fa primavera”, cioè se una persona fa qualche errore logico in un discorso è la “normalità”, teniamo anche presente le proporzioni e le dimensioni delle cose: un discorso con errori logici macroscopici oppure frequenti e ripetuti, beh, sarà difficile che si tratti di “una svista”. Ancor più se non si tratta di un dialogo orale, ma di parola scritta…

QUI TUTTE LE FALLACIE UNA PER UNA:

A1-appello-autorita
A1-appello-autorita-anonima
A1-appello-consuetudine
A1-appello-denaro
A1-appello-ignoranza
A1-appello-incredulita
A1-appello-maggioranza
A1-appello-novita
A1-appello-probabilita
A1-appello-tradizione
A2-appello-adulazione
A2-appello-conseguenze
A2-appello-desiderio
A2-appello-natura
A2-appello-odio
A2-appello-paura
A2-appello-pieta
A2-appello-ridicolo
AT-ad-personam
AT-circostanza-ad-personam
AT-colpevole-per-associazione
AT-fallacia-genetica
AT-scaricabarile
AT-uomo-di-paglia
CE-affermazione-del-conseguente
CE-cum-hoc-ergo-propter-hoc
CE-due-torti-una-ragione
CE-ignorare-causa-comune
CE-logica-circolare
CE-negozio-antecedente
CE-post-hoc-ergo-propter-hoc
FD-composizione
FD-compromesso
FD-divisione
FD-evento-aneddotico
FD-fallacia-giocatore
FD-fallacia-perfezionista
FD-fallacia-relativista
FD-generalizzazione-affrettata
FD-generalizzazione-esagerata
FD-media-non-distribuita
FD-saltare-conclusioni
M-bugia
M-conferma-pregiudizio
M-depistaggio
M-dettaglio-ingannevole
M-eliminazione-prove
M-falso-dilemma
M-generalizzazione-interessata
M-indimostrabilita
M-salvataggio-ad-hoc
M-valanga
52 elementi)

P.S. Consiglio per chi è interessato all’argomento questo articolo interessante e di scorrevole lettura sulle fallacie logiche, trovato in rete e davvero utile. Segnalo inoltre fallacielogiche.it per esempi e articoli sulle fallacie nel contesto dell’informazione di massa e quotidiana (anche se non sono d’accordo con le tesi e il modo di usare la logica in alcuni articoli)

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Pubblicato in CURIOSITA', ECONOMIA E POLITICA, OPINIONI, SIMBOLISMO | 7 Commenti |

Ad imperitura memoria

Pubblicato su 8 Aprile 2013 di Claudio Cardone

Com’è noto, le premesse di un modello causa-effetto prevedono che l’insieme delle cause, o circostanza causale di un evento, accada in un momento temporalmente precedente rispetto all’effetto. Questo, a meno che non parliamo di fisica quantistica… 😉

Ovvio no? Per nulla, c’è chi prova a sostenere il contrario (cliccare sull’immagine per vederla al 100%):
cause seguono effetti

 

Sottolineo che qualunque apparente paradosso si elimina con la considerazione che, al fine di esercitare una azione nel presente, è logico considerare nella circostanza causale tutte le informazioni e emozioni (es. aspettative) che concorrono all’esecuzione dell’azione, indipendentemente dal fatto che esse riguardino eventi presenti, passati o (probabili) futuri. L’orrore logico di considerare un qualsivoglia evento futuro nelle circostanze causali del presente, all’atto pratico potrebbe portare a pesanti ripercussioni (anche solo economiche, per uno che si occupa di economia), dovute al fatto di considerare la realtà futura come presente, ovvero non essere in grado di distinguere la percezione di un evento dall’evento stesso.

P.S. Nella discussione avevo segnalato come link un libricino sul determinismo che mi è rimasto impresso: “Sei davvero libero?” di T. Honderich. Mi piace perchè ha tutto quello che serve ad un libro di filosofia: è corto, costa poco e ha un titolo accattivante.

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La risposta è dentro di te

Pubblicato su 6 Aprile 2013 di Claudio Cardone

Nota: Questo post segue quest’altro. E’ un post molto “personale” e me ne scuso. La discussione di quel post è continuata così:

discussione germania

In generale, tra le cose che mi infastidiscono c’è la falsa predisposizione al dialogo, ovvero la farsa di quegli individui che fingono di voler dialogare solo per cercare la pagliuzza nelle affermazioni dell’altro senza minimamente badare ai contenuti, e spesso sacrificando qualunque logica e trascinando con sè pesanti basti di contraddizioni pur di provare la speciale ebbrezza di sentirsi “vincitori”.

Mi ritrovo incalzato con domande “non retoriche”, ovvero retoriche, del tipo:

“come fa “la Germania” ad aumentare il costo del lavoro delle imprese tedesche? Chi e’ “la Germania” e che strumenti ha per farlo?”

L’autore delle domande non-retoriche è un prof associato di economia alla Università di Bologna, al secolo G. Zanella.

Caro Zanella, com’è che lei si ritrova a fare queste domande non-retoriche proprio a me, che un libro di economia non l’ho mai aperto? Non ha trovato le sue non-risposte nei suoi non-libri?

In questi 9 e più giorni che non ci siamo sentiti – le sono mancato, lo so – ha avuto taaanto tempo per ponderare bene quello che ha scritto, ma ha pensato bene che l’unico motivo per cui non le rispondevo fosse che lei avesse messo “in fuga” il suo interlocutore. Ma qui il problema non è (solo, ahimè) di natura economica, qui è proprio la logica che manca. Non ci capiamo perchè, vede, quello che lei scrive è assolutamente illogico e in 9 giorni nè lei, nè alcuno dei vostri seguaci è parso curarsene.

Prima rispondo alle sue domande. Ehi un momento, ma che rispondo a fare? Ha praticamente risposto già lei!

Sono ben consapevole che un governo puo’ aumentare il salario minimo, i contributi sociali, le imposte sul lavoro, ecc. Tutte cose che fanno aumentare il costo del lavoro.

Allora vede che la non-risposta la sa?

Veniamo dunque alla logica. Sarò noiosamente semplice nella enunciazione, perchè a questo livello siamo, ad un livello di discussione non già economica, ma ontologica. Un sunto di quello che dice Zanella:

A : Un governo può attuare misure per far aumentare il costo del lavoro

B : Queste misure comportano degli effetti non desiderabili. Alcuni di questi effetti riducono parzialmente il possibile aumento del costo del lavoro

C : La Germania è una nazione che ha un governo

A + B + C rispondono, con le sue stesse parole, alla sua domanda “non retorica”. A questo segue la sua domanda vera:

Perche’ il governo tedesco dovrebbe voler far questo? E perche’, se non lo volesse, dovrebbe comunque farlo?

A questa le avevo già risposto, ma siccome lei è troppo impegnato a sentirsi la verità in tasca invece di dialogare, ovviamente continua a fare le stesse domande. Ma non c’è problema, perchè anche a questa domanda, incredibile ma vero, si è risposto da solo:

La mia idea e’ che l’UE serve a integrare culturalmente, economicamente, e socialmente (in ordine alfabetico) popoli *

Non sono le nazioni che competono (ripeto questo concetto per la terza volta in questo thread) ma chi partecipa al mercato

All’interno dell’Unione Automobilistichea le nazioni automobilistiche non dovrebbero competere, ma cooperare. Ma questo non c’è modo di farglielo arrivare, a lei. Per lei esistono solo le imprese che competono, dire che ci sono politiche nazionali che favoriscono o limitano la competizione fra imprese nazionali e imprese di altri paesi, questa idea pare che non possa sfiorare la sua platonica mentalità (anche se lei stesso lo afferma, in una fulgida dimostrazione di bipensiero, come abbiamo visto prima).  Lei è platonicamente innamorato dello Stato, dica la verità! Lo Stato non può competere, è troppo ineffabile, etereo, per scendere nella mischia della nostra umanità. Come Dio, lo Stato Altissimo emana riforme che puntualmente vengono erose, evase e travisate da questa becera folla di peccatori che siamo.

Ad un amore così si sacrifica tutto: la ragione, la coerenza, la cattedra di professore all’università, tutto.

Infatti:

A: le imprese competono

B: la competitività delle imprese nazionali di una nazione esprime la competitività di una nazione

C: le imprese nazionali di due nazioni differenti possono competere

Se A, B e C allora D: Due nazioni differenti possono competere

Ma per Zanella, la competitività non è una proprietà transitiva, il mondo funziona a compartimenti stagni, sono solo gli operatori del mercato che competono: quello che c’è sopra, sotto e intorno pare essere puramente decorativo. Caro signor Descartes, diceva Hobbes “lei fa camminare gli uomini sulle teste, anzichè sui piedi”. Infatti questa forma di “assolutismo imprenditoriale” è una sorta di barriera ideologica. Assodato che due stati nazionali possono competere (ovvio no? ma ∃  , anzi spero ∃! un professore di economia che potrebbe dubitarne), vediamo come questo accade, nello specifico della discussione che stavamo avendo.

A: Uno Stato può far aumentare / diminuire il costo del lavoro in base a riforme

B: il costo del lavoro può essere un fattore utilizzato per favorire la propria economia nazionale rispetto alle altre, ovvero è un fattore di competizione

Se A e B allora C: Uno Stato nazionale può competere con altri attraverso la modulazione del costo del lavoro

Andrebbe da sè che in una Unione di nazioni, anche solo monetaria, questo è non desiderabile, ma come sappiamo ∃  o ∃! un professore di economia che potrebbe dubitarne. Quello di cui si discuteva a proposito della Germania e della moderazione salariale, riguardava riforme volte a tenere basso  il costo del lavoro. Certo che è più facile e spesso più conveniente fare questo per un governo, piuttosto che fare l’opposto: industriali e imprenditori ricevono con piacere riforme di questo tipo e, se i sindacati sono, diciamo, poco combattivi (per usare un eufemismo) riforme che abbassano il costo del lavoro passano lisce come l’olio o quasi. Quello che si “rinfaccia” agli alamanni non è tanto di non aver fatto riforme per “alzarlo” il costo, ma aver fatto apposta riforme per mantenerlo basso, cioè per operare  e modulare proprio quella libera contrattazione (tanto cara al professor Z. ) che avrebbe voluto un salario reale più alto, commisurato agli aumenti di produttività. D’altra parte, anche in Italia abbiamo avuto un proliferare di contratti e contrattini di lavoro che hanno prodotto precarietà e lavoratori sottopagati, invece di flessibilità. Ma forse chi ha una cattedra di economia non incontra mai, ad esempio, giovani architetti che si vedono offrire a volte anche meno di 500 euro al mese – meno di una badante – per lavorare in uno studio.

Che dire poi quando per caso leggo che lo stesso Zanella, in un altro commento, scrive:

A me pare sbagliato anche questo:  Se A non precede B, non può averlo causato

..non posso trattenermi. Se arriviamo a mettere in discussione che le circostanze causali (di qualunque tipo) precedano gli effetti in un modello causale di realtà (che a me personalmente non piace, ma tant’è), che cavolo lo usiamo a fare? Dovremmo piuttosto mettere in discussione le circostanze causali che hanno portato una persona che afferma queste cose ad una cattedra di economia. Ma lasciamo stare, che sennò poi anche questo diventa un argomento per lamentarsi del fatto che in Italia non c’è meritocrazia.

Non mi aspetto che quanto ho scritto, anche in modo provocatorio, possa essere la “pistola fumante” che mette fine a qualunque discussione. Questa illusione di poter dimostrare inequivocabilmente le proprie idee o di “inchiodare” l’interlocutore la lascio a chi, come il professor Z., ha tanto desiderio di avere fra le mani pistole fumanti che pubblica a volte grafici senza controllarli. Non esistono argomentazioni “definitive”, come ci insegna chi di queste cose si occupa, però neanche significa che  si possano mettere sullo stesso livello argomentazioni razionali e corbellerie ideologiche, così si finisce per non dialogare affatto.

 

* N.B. “popoli”, non “nazioni”: cioè io mi devo integrare col tedesco e col francese, ma Francia, Germania e Italia possono farsi le scarpe. Perchè tanto sono nazioni, non imprese, e nulla possono fare le nazioni sul mercato del lavoro. E se possono, non vogliono. Le nazioni sono un po’ come Chuck Norris, intoccabili.

 

Come postilla, una testimonianza diretta delle “magnifiche sorti e regressive” delle riforme Hartz (per gentile concessione di Daniela Lubreto, tramite Facebook):

Micromega parla di disinformazione relativa alla Germania, facendo a sua volta la vera disinformazione

da Daniela GoVegan Lubreto (Note) il Lunedì 31 dicembre 2012 alle ore 2.27

Mi riferisco a questo articolo: http://temi.repubblica.it/micromega-online/mini-job-welfare-tedesco-e-disinformazione-italiana/#.UODrLtZV86M.facebook

Ed occorre urgentemente spiegare agli italiani come stanno le cose, perchè la vera dinsinformazione in questo caso l’ha fatta chi ha scritto un articolo additando di disinformazione altri, laddove chi accusa non si è doverosamente informato. Che razza di giornalismo è questo?

Andiamo per gradi. In Germania esistono una marea di Minijob. Un Minijob è una formula lavorativa che permette al datore di lavoro di non pagare tasse, nè contributi. Per essere definito per legge Minijob, non si devono superare le venti ore lavorative a settimana ed i 400 euro di reddito mensile. Mentre per le ore, si può facilmente capire che le venti ore possono restare spesso sulla carta solo venti, per quanto attiene il tetto dei 400 euro, questo rimane tale.

Perchè? perchè una volta superato questo tetto, il datore di lavoro deve versare tasse e contributi, anche se il lavoratore se la cava ancora con delle buone condizioni.

Questo significa, che non è vero che molti lavoratori fanno un Minijob come secondo lavoro. Sui depliant dell’agenzia di lavoro tedesca, è spiegato abbastanza chiaramente che se fai due Minijob che ti portano a superare il tetto delle venti ore o dei 400 euro, automaticamente non si tratta più di Minijob ma di lavori normali tassati in tutto e per tutto. Dunque la tesi dell’articolo, per cui molti lavoratori prendano Minijob per arrotondare è infondata, in quanto Minijob è un tipo di contratto ben determinato con regole appena evidenziate su!

Per quanto attiene invece le persone che godono di sussidio sociale c’è da dire questo.

In Germania non esiste la mobilità, almeno di questi tempi. Esistono vari tipi di contratto ed il famoso contratto a tempo indeterminato, che non ha per nulla la stessa valenza che in Italia. Da quando vivo qui, ho visto e sentito continuamente di persone con tale tipo di contratto venire licenziata anche dopo anni di lavoro ed io stessa ne ho fatta esperienza diretta, oltre che anche il mio ex compagno.

Si assume e si licenzia facilmente. Quando si è licenziati, si ha diritto – sempre che si sia lavorati almeno per 12 mesi di seguito, al sussidio di disoccupazione, calcolato in base ai contributi versati. Per molte persone tale sussidio è persino al di sotto di quello che è il sussidio sociale.

Finito il periodo di tempo in cui spetta la disoccupazione, se non si è riusciti a rientrare nel mercato del lavoro, si può ottenere – molto spesso a discrezione – il sussidio sociale. Questo sussidio sociale consta di affitto pagato, sempre se rientra entro determinati canoni di “affitto giustificato”, spese di riscaldamento e poco più di 300 euro al mese per il vitto. L’affitto giustificato, significa che lo Stato ti da quello che ritiene sia giustificabile per vivere. Quindi se per caso ti ritrovi in una situazione del piffero dopo che hai affittato per 1000 euro al mese un appartamentino familiare in una zona normale, lo stato te ne può riconoscere la metà perchè ritiene che per una famigliola si possa abitare anche in un quartiere un po’ più proletario e più piccolo. Solo che tu abiti lì e quelli sono i prezzi di mercato e non è che ti puoi trasferire di punto in bianco.

Sia che sei in disoccupazione o che sei in regime di sussidio sociale, vieni invitato dal collocamento a prendere un lavoro. Ora se sei in disoccupazione c’è una certa tolleranza, ma se sei in sociale la tolleranza si annichilisce e mi è stato raccontato da varie persone che si è quasi costretti ad accettare quello che si trova. Tuttavia poco male, che si riesce sempre a trovare quello che è più coerente con la propria formazione, tanto di datori di lavoro assetati di Minijobber ce n’è sempre!

Chi prende il sussidio sociale e fa un Minijob, non riceve affatto sussidio e stipendio da minijobber! Basta anche qui leggere su un qualsiasi deplianti a riguardo del collocamento tedesco, per leggere chiaramente che quello che si guadagna da Minijobber viene decurtato da questi famosi 300 euro e passa di sussidio per il vitto! Se invece sei in sistema di disoccupazione, viene decurtato dal sussidio di disoccupazione.

Allora uno pensa: cerchi di lavorare di più. Qui viene il bello.

Se cerchi di lavorare di più, vuoi presso il tuo originario datore di lavoro di Minijobber, vuoi presso un altro, automaticamente per legge non sei più Minijobber ed i tuoi datori di lavoro devono pagare queste famose tasse e contributi che si volevano risparmiare assumendo in formula Minijob. Dunque di conseguenza una persona è letteralmente costretta a tenersi un solo minijob o più Minijob purchè non si superi in totale un reddito di 400 euro al mese. Basta che guadagni 401 euro al mese e per lo Stato tedesco sei un lavoratore ordinario a tempo pieno e perdi diritto a qualsiasi sussidio, vuoi di disoccupazione vuoi sociale, dunque in questo secondo caso anche il contributo affitto e riscaldamento.

Dulcis infundo una piccola nota sugli stipendi tedeschi: non è affatto vero che gli stipendi qui siano più alti. In Italia i giornalisti confondono spesso il lordo con il netto e dimenticano anche una cosa importante. Per i redditi bassi, ovvero per chi percepisce un lordo inferiore ai 40 mila euro l’anno, ovvero la stragrande maggioranza della popolazione, le tasse in Germania sono più alte che in Italia. Persino in Italia dove i più ricchi non sono proporzionalmente tassati troppo in più rispetto ai più poveri, i più poveri sono tassati meno dei più poveri in Germania. Basta fare un paragone sui numerosi calcoli di stipendio netto-lordo tedeschi ed italiani e si ha la conferma. Un esempio?

30 mila euro di stipendio lordo annuale in Abruzzo, significano più di 1700 euro netti in tasca del lavoratore ogni mese (http://www.calcolostipendionetto.it/)

30 mila euro di stipendio lordo annuale nel Land Amburgo si traducono in un netto mensile per il lavoratore di appena 1280 Euro!!! (http://www.nettolohn.de/)

E’ ora di finire con mille fandonie che fanno credere al sistema Germania come un sistema funzionale, laddove la gente comune è ridotta ad uno stato miserabile, mentre ad arricchirsi sono i soliti noti!

Ho ascoltato attentamente in diverse occasioni Alberto Bagnai ed ha una conoscenza del sistema tedesco, che sinora mi è sembrata l’unica veramente aderente alla realtà dei fatti, detta da uno che vive in Italia. Per noi che viviamo in Germania da tempo, le cose sono oramai note da tempo ed ogni volta a sentire questa beatificazione ingiusta del sistema Germania, ci fa venire l’orticaria!

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