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FARE per fermare il Giannino

Pubblicato su 29 Gennaio 2013 di Claudio Cardone

Ho cercato, in un mio articolo, di riassumere un po’ i discorsi che si fanno sulla crisi economica, il debito pubblico e l’euro. Nel mio piccolo, riportando “quello che ho capito”, o che mi sembra di aver capito. Tuttavia parlando con le persone che conosco spesso mi trovo davanti a obiezioni di “propaganda”. Chiariamoci, siamo tutti vittime di propaganda: io stesso, in certa misura, sono “vittima” della propaganda delle tesi in cui credo.

Ma la propaganda, ossia la capacità di diffondere il proprio messaggio in maniera persuasiva e pervasiva, come molte cose non è in sè un “male”. Il problema è se la propaganda è un mezzo per veicolare idee fondate sui fatti, sensate. E se il modo in cui viene fatta stimola all’approfondimento personale, ossia a “farsi un’idea propria”.

A questo proposito, i discorsi più insidiosi vengono da gente che sembra argomentare razionalmente le proprie tesi (O. Giannino), facendo anche riferimento a noti economisti (Zingales), che però non spiegano quei dati riportati prima, oppure fanno premesse sensate e conclusioni discordanti.

Un esempio su tutti, Zingales che dice:

Se il caso subprime va addebitato al mercato, la crisi dell’euro è interamente colpa dei politici. Non solo non sono riusciti ad evitarla, ma l’hanno espressamente voluta. Quando la moneta comune fu introdotta c’era piena consapevolezza tra i suoi creatori che in questi termini non sarebbe stata sostenibile. La speranza dei padri fondatori era che l’inevitabile crisi avrebbe generato una pressione politica verso una maggiore integrazione europea. Il cuore è stato gettato oltre l’ostacolo nella convinzione che al momento giusto il resto del corpo avrebbe seguito. Purtroppo l’ostacolo sembra più alto del previsto.

Perché una moneta comune funzioni, i paesi che l’adottano devono avere una forte mobilità del lavoro, meccanismi di trasferimento fiscale ed essere soggetti a shock simili. Nessuna di queste tre condizioni vale per l’Europa.

Bene, quindi il problema è uno squilibrio strutturale all’interno dell’Europa. Però poi:

Fin dall’inizio della crisi l’Italia, gravata dal peso del suo debito..

Quale? Zingales forse sottintende quello pubblico, ma se è vero il discorso che ha fatto prima, è quello privato estero il problema, l’aumento di quello pubblico avviene dopo, come i dati dimostrano. Certo, il debito pubblico italiano era alto anche prima, ma sostenibile, o almeno questo indicano i dati (Fiscal Sustainability Report 2012 della Commissione Europea):

sostenibilità debito pubblico

l’Italia negli ultimi 4 anni non è mai stata a rischio default.  l’Italia è il paese europeo con il più alto indice di sostenibilità a lungo termine del debito pubblico.

A questa segue un’altra mistificazione:

Ma i rischi principali vengono purtroppo dall’Europa e soprattutto dall’area euro. Gli elettori tedeschi potrebbero stufarsi di pagare per gli errori altrui e lasciare le nazioni del Sud Europa al loro destino.

Non si vede quali siano gli errori altrui nell’ottica della crisi (ripeto, non sto dicendo che non esistano corruzione, mala gestione ecc. leggere bene “nell’ottica della crisi”). La Germania ha consapevolmente favorito la crisi. E non è neanche vero che i tedeschi hanno “pagato” più di altri, anzi (i dati ve li andate a cercare, ci sono). Questo ripetere l’idea dei “buoni” e dei “cattivi” serve a stimolare un senso di colpa che non ci deve essere. Responsabilità non vuol dire colpa. Tuttavia, se proprio dobbiamo cercare le responsabilità, i tedeschi o meglio la Germania ha molte più responsabilità in questa crisi di noi, ed è quella che ha meno interesse a lasciare l’euro, visto i vantaggi che gli dà.

Infine, Zingales dice anche:

Come uscirne? La prima soluzione passa per l’aumento dei meccanismi di solidarietà a livello europeo.

Il che è  logico, se uno ammette che il primo problema è l’Unione Europea. Ma se gli altri paesi questa “solidarietà” non la vogliono dare? Questo è quello che sta succedendo, mettiamo delle pezze a delle crisi strutturali perchè i Paesi del Nord non vogliono socializzare-condividere le perdite dell’Unione europea, gli fa comodo solo privatizzarne i profitti. Il che è una posizione legittima (nessuna colpa), ma allora restare nell’Unione con l’evidente incapacità di cambiarne la struttura (cioè di unirsi) è solo masochismo. Ma dato che questo non lo si vuole accettare (e non se ne vuole parlare), Zingales, Giannino & Co prendono a parlare di tagli alla spesa pubblica e quant’altro, come se questo potesse “fermare il declino”. Questi vengono inchiodati dalle loro stesse parole. Rileggiamo Zingales:

Come uscirne? La prima soluzione passa per l’aumento dei meccanismi di solidarietà a livello europeo.

Neanche uno dei 10 punti del programma di “Fermare il Declino” parla di questa “prima soluzione”. Perchè prima non affrontiamo “la prima soluzione”? Parlatene. Dite alle persone QUANTO è realizzabile. Che premesse ci sono. Quali vantaggi e quali svantaggi, quali scenari (in base ai dati di fatto) è possibile auspicarsi. Poi, magari, ci fate vedere se e quanto siete bravi con il resto.

 

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